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Ama i bolidi e i grattacieli, tiene la Porsche in salotto perché gli piace ammirarla anche a motori spenti. Trentasettenne, designer comasco con base a Milano, Tommaso Spinzi ha tre grandi passioni: il Novecento d’autore, l’automotive e l’architettura. Tutti presenti nel suo loft milanese a metà tra un’autofficina e un open space di Brooklyn, dove accanto al divano di Bellini e a un vaso di Scarpa, a sorpresa c’è parcheggiata l’auto vintage del 1983, proprio come lui.

«Lo status non c’entra: è questione di aerodinamica». Quelle linee sinuose, fluide, la sagoma lucida della carrozzeria, i dettagli cromati, i sedili in pelle, le ruote pronte a sgommare: «Ci trovo la bellezza di un’opera».

Cresciuto sul lago, cullato dal futurismo di Marinetti e dal razionalismo di Terragni che tanto hanno plasmato le sue rive, fin da bambino guarda Lamborghini, Bugatti e Alfa Romeo correre sulla statale panoramica e i leggendari motoscafi Riva sfrecciare sull’acqua. Anche adesso continua a pensare e progettare ‘veloce’: pezzi unici e limited edition fuori dagli schemi. Oggetti scultorei e dinamici, caratterizzati dalla purezza di pietre e metalli. Un gusto che si rispecchia nella nuova casa-galleria, di un brutalismo soft che fonde l’estetica industrial del garage con il decorativismo dei vetri di Murano e degli chandelier effetto jungle.

Lo spazio è sartoriale e sempre in progress, un atelier che muta a ogni lavoro e cambia continuamente le prospettive domestiche, sintesi della sua cifra che va da Palladio a Gio Ponti, fino all’automobilismo. In un cortocircuito creativo di accostamenti forti: il Déco e gli Anni 70, l’arte emergente, il folk, antiche statue lignee. Il crossover ha un accento internazionale, influenzato com’è da quindici anni passati a progettare in Australia e negli States.

All’estero ho imparato ad apprezzare l’italian way. Moda, alto artigianato, grandi architetti e grandi imprenditori: a volte si danno per scontati i valori stessi dell’italianità più sofisticata

Un vaso d’argento carenato come il serbatoio di una Moto Guzzi, la poltrona di pelle cucita a mano modellata sul sedile di una Mercedes, marmi dalle linee fluide, puf che ricordano i porticati neoclassici, la consolle di pietra ispirata all’arredo urbano. Spinzi è un designer per collezionisti, raffinato e artigianale. L’ultima fatica è un tavolo di legno carbonizzato secondo la tecnica giapponese dello Shou Sugi Ban e profilato con l’argento ossidato, «sembra macchiato d’olio». Niente da fare, si torna sempre all’auto, al suo potere propulsore.

Su ogni oggetto si sente la grinta, la tensione al nuovo, alle forme slanciate, quasi fosse un neofuturista che trova la forza generatrice nei meccanismi, intuendone la bellezza. Lo stesso contrasto muove l’open space, scelto online da Melbourne, a 15mila chilometri di distanza. Si trova in un angolo poco noto di Milano, nel quartiere Affori: «Ci sono spazi incredibili ancora accessibili e intatti, immersi nel verde del Parco Nord. E poi da qui entro ed esco da Milano velocemente e sono collegato con l’aeroporto, le autostrade e la Brianza, il cuore produttivo del design».

Vetrate industriali, lucernari, battuto di cemento a terra, campiture bicolor e putrelle a sorreggere il soppalco della camera: il loft è la location perfetta per un progettista innovatore e poco convenzionale che firma pezzi scattanti e su misura:  «Cerco le contrapposizioni, persino drammatiche. Di antico e moderno, di arte, moda e curiosità ds Wunderkammer». Con uno stile grunge e ribelle, quasi fosse uno street artist del progetto.

Articolo originale su Living Corriere